giovedì 20 giugno 2013

Mi mancherai

Mi mancherai a casa, sul divano, abbracciati sotto un plaid.
Mi mancherai dietro le spalle, in bagno mentre lavo i denti o sistemo i capelli. 
Mi mancherai! 
Mi mancherai nelle lunghe passeggiate fatte di silenzi, discussioni, risate, baci teneri e calde effusioni. 

Mi mancherai, era tutto così bello e intimo, nostro. 

Mi mancherai, ed è strano dirlo di una persona conosciuta da poco e che per poco ha fatto parte del mio tempo. 
Momenti intensi, teneri, speciali, che difficilmente riesco a trovarne scavando nei miei ricordi. 
Strano e doloroso, doverci rinunciare all'improvviso, senza capirne tutti i perché.
Mi mancherai e rinuncio a te solo per amore!

12 aprile 2012


mercoledì 19 giugno 2013

Favola

In un tempo lontano, in un bosco lontano, in un mondo magico e fatato, leggera come una farfalla viveva una strana creatura.
Nessuno nel bosco sapeva il suo nome, tutti, però, conoscevano la dolce carezza del suo sguardo, la sua gioia di vivere.
Un sorriso per tutti per scaldare il cuore anche delle creature più tristi e pensierose.
Le ali piccole e leggere, leggere come la brezza della primavera.
Nessuno aveva mai udito la sua voce, nessuno aveva mai visto una sua lacrima.
Una semplice fatina, una creatura antica e misteriosa, senza tempo ne età, caduta sulla terra, da un paradiso fatato, con il solo scopo di donare felicità.
Piccola, poco più di una spanna. Grande, tanto da occupare senza permesso la tana di uno scoiattolo.
Il posto preferito dove schiacciare il pisolino del pomeriggio, anche le fate riposano!
Sotto lo strano cappello del colore delle arance mature, gli occhi brillavano di un azzurro che rendeva il cielo di marzo rosso di vergogna per il non poter reggere il paragone con quelle celesti tonalità.

Viveva in quel bosco una strana creatura, strana ma non troppo.
Forse strana per il ruolo improprio, per la non appartenenza a quel mondo così magico.
Era passato in quel bosco per caso, viandante di una strana vita e per caso vi era entrato.
Lo aveva guardato sempre da lontano, con un po’ di diffidenza, con un po’ di paura.
Forse paura di perdersi, tra i tronchi e i cespugli alti.
Non aveva mai notato quel ruscello leggero di acqua limpida che vi scorreva in mezzo, non aveva mai respirato quegli odori di foglie umide, di fiori sbocciati, di aria fresca che sa di tutto e non sa di niente.
Ormai si era perso, aveva lasciato quel sentiero confuso, di draghi stanchi, combattuti per noia.
Si era inoltrato in quel bosco magico e li era rimasto.
Serenità, una serenità che da tanto non sentiva e che forse non aveva mai sentito.
Nell’aria qualcosa di bello, un respiro più profondo degli altri.

Steso sul prato, in una radura di quel bosco, a godersi i raggi caldi di quel sole di luglio, a scoprire le forme strane e sempre nuove delle nuvole, quello strano viandante pensava alla sua vita passata.
Un riassunto di immagini, pensieri, volti e persone, velate di nebbia, quasi dimenticate.
Presto si accorse di uno sguardo su di se, di due occhi lucenti, a cui mancavano solo i disegni delle nuvole per sembrare lo stesso cielo di luglio.
Su un ramo proprio sopra di lui, una strana creatura, quella strana creatura.
Un sorriso impertinente, allegro e suadente, che solo una presenza fatata poteva avere.

“E tu? Chi sei piccola?”

Nessuna risposta, se non quel sorriso, ma ora più ancor dolce ed ammaliante.
Perso in quegli occhi grandi...

“Ecco cos’è che riempi l’aria di profumi, di serenità, di allegria. Ora capisco cosa mi lega a questo bosco!”

Le ali spiegate, un volo in picchiata, dal ramo verso il basso, rasente al terreno poi attorno all’attonito viandante senza strada.
Una planata sfiorando l’erba, quasi ad accarezzarla con un tocco lieve di quel corpo senza peso.

“Fermati qui dolce creatura! Appoggiati alla mia mano, raccontami di te!”

Nessuna risposta solo un sorriso, uno scintillio negli occhi, forse la sfumatura di una nuvola.
Ancora in volo veloce in alto, ripido verso quelle nuvole veloci, quasi a sparire nel cielo, un puntino arancio come il sole e giù di nuovo, in picchiata, ad appoggiarsi sulla mano aperta dello stupefatto viandante.

“Fermati fatina, fermati un po’ con me. Spiegami perché qui in questo bosco, con te, sto così bene. Non ho più le mie paure, le mie angosce”

Un soffio di vento, tiepido e profumato di fiori di campo e di grano.
Una voce fresca, come il saltellare dell’acqua del ruscello sui sassi.
Nessun altro suono, nessun cinguettio o brusio di altra creatura, tutti curiosi di sentire quella voce fatata.

“Dolce viandante, da tempo ti osservo. Sai noi Fate non sciupiamo in vano parole. Certo seminiamo sorrisi e allegria ma non amiamo dispensare troppo quello che portiamo dentro. Un eccezione solo per le persone che lo meritano e che ci aprono il proprio cuore. Sei qui da un po’ di tempo a respirare i profumi della mia casa, a goderti la sua serenità! Ti sei fermato, come in un rifugio. Qui non c’è nulla, niente di diverso dal resto del mondo.”

E lui:
“Impossibile! Io qui vivo…”

Con la mano appoggiata sulle labbra del viandante.

“Shhh!!!”
“Aspetta prima di parlare. Qui con me hai solo ricominciato a sognare, hai solo aperto di nuovo il tuo cuore. Hai dato un senso alla parola amore, quel amore semplice e sincero fatto di sorrisi e carezze lievi, di profumi di pelle e baci che non stancano mai.”

La bocca socchiusa senza prendere fiato. Gli occhi fissi sulle piccole labbra.

“Adesso chiudi gli occhi, mio dolce viandante. Ritorna nel tuo mondo ma portami nel cuore, come io ti porterò sempre nel mio. Qui puoi sempre tornare, tutte le volte che ti sentirai triste e solo, questo sarà sempre la tua casa”

“Dolce fatina ora so cosa mi mancava e cosa ho trovato. Mi hai insegnato l’amore, con te ho ritrovato la mia serenità,la mia gioia di crescere e scoprire, tutto quello che mi mancava. Ora potrò riprendere il mio sentiero perché ora so che non sarò più solo.”
“Non sarai mai solo… come mai sarò sola io. Porterò il tuo nome nel mio cuore e tu porterai il mio… Vivianne”